Nome scientifico: Diceros bicornis

Corno di rinoceronte nero (probabilmente l’anteriore) montato su basamento in ottone. Il reperto faceva parte della collezione di Antonio Vallisneri senior (1661-1730), accumulata a cavallo tra ’600 e ‘700, che costituì il primo nucleo espositivo del nostro e di altri musei dell’Ateneo.

Il rinoceronte nero, come il rinoceronte bianco, e il più piccolo rinoceronte di Sumatra, possiede due corna, una sul naso e una sulla fronte. Le corna non sono ossee, ma sono costituite da cheratina, come le unghie e i capelli. Il rinoceronte nero vive in praterie, savane e boscaglie tropicali. Bruca fogliame e germogli da alberi e arbusti, selezionandoli accuratamente con il suo labbro superiore appuntito e prensile. Tra i grandi mammiferi è una delle specie a maggior rischio di estinzione a causa della riduzione e della frammentazione del suo habitat. Inoltre, da anni è vittima del bracconaggio per via delle sue corna richieste dal mercato illegale. Infatti, sono usate nella medicina tradizionale cinese e vietnamita come rimedio per una varietà di disturbi. In particolare, forse a causa della lunga durata degli accoppiamenti in questa specie, i superstiziosi ritengono che il corno di rinoceronte ridotto in polvere sia anche un potente afrodisiaco.